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 Pensieri in libertà e news dalla compagnia


 

 

25/26/27 gennaio 2013

GIORNATE DELLA MEMORIA AL TEATRO DI CESTELLO

 

 


23 settembre 2011

Si ricomincia...

E per ricominciare bene, dedico a tutti noi de "L'Araba" questa citazione:

Quanto è magico entrare in un teatro e vedere spegnersi le luci. Non so perché. C'è un silenzio profondo, ed ecco che il sipario inizia ad aprirsi. Forse è rosso. Ed entri in un altro mondo. (David Lynch)

 Vi voglio bene.

Alessio

 

 



24/1/2011

PENSIERI…


Stamattina, mentre guidavo per arrivare a lavoro ho ripensato a ieri pomeriggio…

A mente fredda riesco a ragionare piu’ distaccata, lontana dalle luci del palco  e dall’emozione del momento…

Che bella giornata ci siamo regalati ieri!

E mi è venuta in mente una battuta: “è stato bello viverci di nuovo…ma c’erano ancora gli odori…”!

Sono stata molto emozionata ieri, non mi capita spesso, non perché non ami questo gruppo e recitare, ma perché riesco quasi sempre a gestire le ansie e ad incanalarle nel giusto verso, trasformandole in energia…ma ieri ero tesa, ora lo posso dire, tesa prima che cominciasse e anche durante, avevo paura che qualcosa andasse storto, visto che c’era tanta aspettativa nei nostri confronti e visto che ci tenevo proprio tanto, dopo due anni a fare una cosa bella, per rispetto verso “Thea” e per rispetto verso Luca, che ha scritto e diretto questa opera meravigliosa…

E invece l’ Araba Felice non ha deluso, ha offerto un “signor spettacolo” e quel che piu’ conta siamo stati ancora una volta insieme, a condividere tutto questo…

Spero che chi non ha recitato ieri si senta comunque orgoglioso di come è andata, per l’ Araba, come io mi sono sentita vedendo  “ La Stagione della Strega”.

 

Un GRAZIE a Tiziano, per la sua dedizione e per il suo amore sviscerato per il teatro e per questo gruppo,

un GRAZIE a Chiara, che nonostante momenti difficili è arrivata col sorriso e si è messa a lavoro,

un GRAZIE a Mila, che col suo spirito riesce sempre a sdrammatizzare e ad alleggerire le tensioni,

un GRAZIE a Rina, che nonostante non sia potuta venire, si è preoccupata, ha riso e si è emozionata con noi, facendo recepire la sua presenza,

un GRAZIE a Celeste, che con la sua leggiadra timidezza si è affacciata piano piano al camerino, sciogliendo il mio cuore,

un GRAZIE a Alessandro, che mi ha commosso di brutto quando mi ha abbracciata con le lacrime agli occhi,

un GRAZIE a Paola, che anche se ha avuto poche occasioni di recitare con noi, la ritengo una del gruppo, da sempre, che segue e si emoziona, sia che reciti oppure no,

un GRAZIE a Alessio C. che è stato impeccabile nelle musiche e che soprattutto ha fatto si che si potesse di nuovo portare in scena questo meraviglioso spettacolo,

un GRAZIE a Luca C. senza il quale non sapremmo con chi prendercela quando siamo nervosi, prima dello spettacolo e senza il quale NON PUO’ ESISTERE FUTURO, NE’ PASSATO…

un GRAZIE a Luca P. che ha scritto e diretto magistralmente questa tragedia, facendoci crescere, riflettere e divertire!

 

GRAZIE.

Camilla


 

 

 

15 novembre 2010

Lettera al detective Clairborne

 

 

 

Caro detective Clairborne,

Ho letto il suo articolo e devo dire che, come allora, tanto tempo fa,  lei è riuscito ad irritarmi.

Perché? Si domanderà lei.

Perché oggi come allora, la sua visione delle cose e le sue opinioni sulla nostra città sono influenzate da un bieco pragmatismo e dalla ottusa superficialità tipica dei "forestieri".

Sono passati tanti anni da quella brutta storia, e molto si è detto e scritto su di me, su mia sorella Sara, e su Helen, che resterà per sempre, pur essendo oggi una donna matura, "la mia piccola Helen".

Sono vecchia ormai, ed anche sola, dato che non vedo né Sara né Helen da tanti anni. E presto incontrerò Dio e dovrò rendere conto delle mie colpe.

Certo.

Ma non ho paura!

La mia mente, nella solitudine di giorni, di anni, tristi ed uguali, la mia mente resta lucida, presente, come è sempre stata. Ricordo benissimo la sera in cui lei venne a trovarmi, la vedo qui, nel mio salotto con la sua tazza di the in mano e quel sorrisetto facilone tipico dei poliziotti presuntuosi.

Era seccato, annoiato, pensava di parlare con una donnetta ossessionata.

Invece il male era dietro di noi, incombeva su di noi, aspettava l'occasione giusta per mostrarsi in tutta la sua terrificante potenza.

Le dissi più volte che sulla nostra città gravava la maledizione delle streghe, la implorai di ascoltarmi, di vigilare sulla nostra comunità che stava perdendo le sue radici, infettata dai nuovi, dagli immigrati, dai senza Dio. Ma lei voleva soltanto andarsene, stanco di ascoltare, convinto di avermi concesso sin troppo accettando di farmi visita. Non pensa che se lei si fosse deciso ad incontrarmi prima o magari avesse aumentato la vigilanza, come avevo suggerito nelle mie molte lettere, avremmo potuto evitare che il Male trionfasse in maniera così assoluta?

Non voglio parlare dei morti di quella storia, troppi, e prego che Iddio misericordioso abbia avuto pieta di quelle anime guaste. Resta però un fatto fondamentale: perseguire una cattiva strada, vivere nel peccato, non porta mai a niente di buono.

Anche se la Divina Provvidenza, per supplire alla mancanze degli uomini, talvolta sceglie strade dolorose nella sua eterna lotta contro il Maligno.

Ho pensato spesso a queste cose in questi lunghi anni e sono ancora convinta che se gli uomini di buona volontà avessere vigilato maggiormente, se la polizia avesse compiuto sino in fondo il suo dovere, tutto si sarebbe potuto evitare, tutto. Ma non è andata così, e la giustizia degli uomini, imperfetta come gli uomini, ha trionfato, consegnando il colpevole al carcere.

Ma io, non sono convinta che la giustiza degli uomini sia giusta. Essa, come mi disse lei in quei giorni maledetti, si basa su indizi, su "profili psicologici" su prove del tutto empiriche. E il Maligno, si sa, è il principe della Materia, abile nel confondere le acque, nel mostrare ai molti la sua verità. Per perdere le anime dei giusti, per corrompere la virtù dei meno forti. E' il suo compito prinicipale. Il Maligno non attacca chi già del male ne ha fatto strumento e professione...

Non aggiungo altro, ma la invito a ripensare come ogni giorno, ogni ora, ogni istante faccio io, a quei momenti terribili. E nel ripensarci, le ripeto che coloro che per pigrizia, per superficialità, per abulia, non si opporrano al male, peccando quindi di accidia, saranno dannati.

Melissa Anderson.

 

 


 


 

11 novembre 2010

E le streghe tornarono a volteggiare

 

Entrate adagio nella nostra città. Osservate le vecchie case e i palazzi di nuova costruzione, figli di un’economica florida e attiva con le loro finestre dalle luci accese, abitate da anime serene e benestanti. A volte un po’ snob. Prigionieri delle tradizioni e ossessionati dal nuovo, dal diverso, che come una macchia di olio inquina, e avvelena  l’esistenza  ad una terza età annoiata e bigotta.

Percorrete  tutto il viale costeggiato da vecchi tigli dalla chioma folta e rigogliosa, al di là della fitta   siepe che delinea prima il circolo del Golf, poi il giardino comunale,  si estende la piazza principale Washington Square con il vecchio monumento commemorativo alla storica vittoria di Monmouth, tassello indelebile di un’indipendenza fortemente voluta. Gli abitanti di questa tranquilla Contea a sud di NY si radunano nei giorni di festa al fresco delle  panchine aspettando la sera e l’ora del the Non state ad ascoltare   le storie che si narrano tra  loro e su di loro, maledizioni, streghe, sono solo vecchie  leggende e superstizioni credenze popolari  tramandate di padre in figlio, dove si arricchiscono di particolari  di generazione in generazione.

E’ lì che inizia  la nostra Main Street con i suoi negozi variopinti e seducenti, con le luci e gli immancabili neon colorati.

Percorretela tutta, adagio, meglio sul lato sinistro della strada, protetti da questo vento fastidioso del nord che soffia inesorabile, figlio di un inverno che non concederà sconti.

La gioielleria, Carlo’s il gelataio, lo store di Bob, Charlie il pizzaiolo,  la banca ... concedetevi pure un Hot Dog da Willma, non preoccupatevi del vostro colesterolo, qui usiamo solo prodotti genuini, non come da voi  in città...

E’ la in fondo al viale dopo aver percorso tutta la parte residenziale della strada è lì che si trova il 343 di Main Street, il nostro 343.

Avvicinatevi un po’, senza dare nell’occhio, magari fingendo distrattamente di scrutare il cielo che non promette niente di buono, la vedete quell’ultima villetta  rossa, semi isolata, con le finestre  dalle tendine azzurre?  

 

 

E quella finestra di rimpetto quasi allo stesso piano?

 

 

E’ qui che ha inizio tutto.

All’epoca ero un efficiente detective, forse  troppo vecchio per pensare a una brillante  carriera, forse troppo giovane per pensare ad una serena pensione, ma sicuramente ben saldo ad una realtà fondata solo su indizi e fatti concreti.

 

 

Sebbene che  nella nostra cittadina iniziassero i primi flussi significativi di immigrazione e tutta una serie variegata di piccola criminalità, tutto procedeva apparentemente in modo tranquillo, troppo tranquillo.

 

 

 

 

Fino a quando le prime nuvole nere e torbide tornarono ad addensarsi nel cielo della contea Gli scippi si fecero più violenti, le droghe più pesanti, lascivi atteggiamenti e torbidi pensieri animavano alcuni quieti abitanti Ricordo di quella  rapina, quella pistola, ma soprattutto ricordo  quella fossa con il ritrovamento  di quel che restava di quei 5 disgraziati corpi. E una pistola dimenticata inspiegabilmente per 10 anni.

 

 

 

 

Ricordo, la signora Anderson, la piccola Helen, Melissa, ricordo i loro volti deformati dalle tensioni vissute quei giorni.

 

 

 

 

Era tutto meledettissimamente semplice, eppure tutto così inspiegabile...

 

 

 

 

Sicuramente adesso vi starete annoiando con questi vecchi ricordi, questi racconti che hanno il sapore dell’inverosimile, della leggenda, narrati con emozione e commozione da un vecchio detective.

 

 

 

 

E’ un vero peccato che non vogliate trattenervi ancora qui da noi, sicuramente sarà per i vostri impegni, e non per quel che si dice sulle maledizioni dei loro abitanti e per le streghe che volteggiano nel nostro cielo.  

 

 

Addio straniero...

 

Clairborne

 


11 ottobre 2010

Fra palco e realtà

La luce che punta dritta nei tuoi occhi e non ti fa scorgere chi hai davanti.

La fame, l’avidità di mille occhi che stanno divorando il tuo corpo che si muove, lento, passo dopo passo, sulle scricchiolanti assi del palcoscenico.

Il silenzio, il caldo silenzio che solo un teatro, con le sue poltroncine, i suoi palchi, la sua polvere, i drappi, le sartie, le scene, ti sa offrire.

E tu muovi un passo. Gli occhi hanno anche un volto, ma tu non lo sai, non lo vedi. E quel volto è lì per te, ha pagato per essere in quel preciso posto ed in quel preciso istante, perché tu lo faccia ridere, o piangere, o riflettere, o isolarsi dalla sua vita, anche se solo per due ore. E si aspetta che tu sia esattamente quello che vuole che tu sia. Le sue emozioni.

Muovi un altro passo. E lo senti, il fiato che si arresta un attimo, il pubblico sa. Sa che stai per dire o fare qualcosa, ma non sa chi sei tu, crede che tu sia quell’individuo lassù, su quel palcoscenico polveroso e consumato. Ma tu sei molto di più. Sei Amleto, sei Iago, sei Giulietta, sei Mirandolina, sei Giacomino, oppure sei il personaggio senza nome, ma in cerca di un autore. Lassù sei sempre qualcuno che non sei tu.

Ma loro non sanno chi sei tu veramente. Forse non lo sai nemmeno tu. Ma non importa. In quel momento sei il maggiordomo con l’erre moscia, che se ne sta impettito nella sua giacchetta bianca. E allora ti muovi, parli, ti atteggi come un maggiordomo, e per due ore probabilmente non sei un bimbo che gioca a fare l’attore, ma un vero maggiordomo.

E poi parli, declami il tuo personaggio, lo presenti a tutti, lo dai in pasto tutte le sere ad un pubblico diverso. Ma quando l’applauso arriva, il tuo cuore si ferma, vorresti ridere, piangere, urlare e godertelo in silenzio, chiamare i tuoi amici perché lo condividano con te e allo stesso tempo tenertelo tutto per te. È tuo, te lo sei meritato, te lo sei guadagnato con la tua fatica, con la tua passione, forse con il tuo talento, ma te lo sei guadagnato.

Fare l’attore non è fare un lavoro. E’ vivere ogni volta la vita che non hai, più bella, più brutta o semplicemente diversa. Ti può divertire, ti può far soffrire, ma una volta chiuso il sipario, torni quello di prima, torni ad essere te stesso. Ma forse un vero attore non ha un se stesso. Ha solo tante vite, tante quante i personaggi che ha interpretato, ed ogni volta si arricchisce con una nuova. E’ l’unica persona al mondo che via via che invecchia acquisisce vita, anziché rilasciarla lentamente.

Non sono un attore consumato. Non sono nemmeno un attore professionista. Forse non sono nemmeno un vero attore, anche se mi piace pensare di esserlo. Non ho certamente il talento dei grandi, o la capacità dell’esperienza, ma ho avuto la fortuna di sentire spesso quell’applauso che ti apre il cuore.

Recitare da una sensazione indescrivibile, come vedere per la prima volta tuo figlio fra le mani del dottore che lo ha appena estratto dal ventre materno. Come salire sul podio alle Olimpiadi e sentire l’inno nazionale, che viene suonato per te, per te e per i milioni di italiani che in quel momento si commuovono a vedere che ti commuovi.

Non ho figli, non ho vinto le Olimpiadi, ma credo che ognuna a suo modo, ognuna in maniera diversa, siano sensazioni uniche, indescrivibili.

Ho avuto la possibilità di calpestare il palcoscenico del Teatro della Pergola di Firenze, uno dei teatri più antichi e prestigiosi d’Europa, e quindi del mondo, e vi posso assicurare che è stata una sensazione assoluta, che non è possibile paragonare con niente altro sulla terra. Dopo gli applausi, sono rimasto lì, non riuscivo ad andarmene, ad abbandonare quelle assi che avevano sorretto i corpi dei più grandi fra i grandi. Nemmeno per andare a cambiarmi e togliermi quei pesanti costumi ottocenteschi. Sono rimasto lì per qualche ora fino a che, ormai le tre della notte passate da un pezzo, non mi hanno buttato fuori.

Fare le prove è faticoso, trovarsi tutte le sere, per settimane a ripetere le stesse scene, gli stessi movimenti, le stesse frasi a volte è noioso, dover rinunciare a vedere gli amici o chi ami perché devi provare, sempre più spesso, costa molto, ma quando senti quell’applauso, la fatica e la noia scompaiono, non ci pensi più, e ti sembra che non siano mai esistite. E senti che hai vinto la sfida, anche questa volta. E ti viene voglia di provarne un’altra.

Un’altra sfida con un altro personaggio: chi sarà a vincere la prossima volta? Sarai tu a domare il tuo nuovo io di scena, o sarà lui a prendere il sopravvento, ad impossessarti di te, piegandoti alle sue volontà?

Giovanni L. Badellino


07 giugno 2010

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Dedicato a tutti voi... Vi voglio bene!

 

Alessio C.

 


 

07 giugno 2010


Cronaca di un rapporto veramente particolare

 

Come sempre percorri l’isolato traverse e incroci, svolti l’angolo nella speranza che questa sera qualcuno abbia deciso di cenare fuori lasciando  incustodito quel pezzetto d’asfalto al margine dei marciapiedi.  Così bramato e prezioso. Speranze spezzate ad ogni via semibuia che imbocchi per ritrovarti poi sfiancato e rassegnato a parcheggiare nella solita strada lontana e buia.

Le luci, dalle finestre delle abitazioni ti proiettano lembi di vita sconosciuta, mentre con fare svelto ti avvii all’appuntamento Chiarori  azzurrini delle tv e stralci di volume esageratamente alti  non distolgono i tuoi pensieri dall’emozione di un momento particolare.

Questa sera ci saranno i  nuovi copioni con le loro parti assegnate, la prima lettura, le prime discussioni e le impressioni degli altri.

Stasera incomincia l’avventura, si instaurerà il primo tassello di quello che per me sarà un rapporto veramente  particolare...

E’ da un pezzo trascorsa la mezzanotte, e lungo l’autostrada semi deserta che mi accompagna tornando a casa  scorrono sfrecciando auto e pensieri, TIR e riflessioni. La stanchezza “anticipata “ quella che prevedi che ti accompagni all’indomani ti sorride già adesso e come un destino ormai scritto dandoti appuntamento di lì a poche ore.

Il giorno dopo le primissime operazioni da fare: una rilegatura, economica e pratica e via con fiumi di evidenziatore a marcare le battute del mio  personaggio, fantasticando su condizioni e scene. Da questo momento pagine bianche  scritte in Times New Roman o Arial che sia mi terranno compagnia quotidianamente accompagnandomi praticamente ovunque.

In bagno, facile scontato naturale, comodamente seduto sulla tazza immagini i costumi dai forma a ipotetiche sembianze spingendoti ad immaginare la vita ordinaria del tuo personaggio, il rumore dell’acqua che scoscia giù all’interno del wc ti riporterà alla realtà insieme a tremendi  formicolii alle gambe che ti costringono a uscire dal bagno in posture bizzarre e goffe.

Col passare dei giorni fioriscono attaccati nei  posti più svariati, e in punti sempre più stratetici,  fotocopie delle scene del copione da passare in memoria: attaccato al  frigo in cucina, in modo da poterlo sbirciare  mentre lavi i piatti immerso nei pensieri isolato dal mondo senza rischiare a fine lavaggio di  cervicali o brutti torcicollo...

Per un breve periodo, ho provato anche attaccato allo specchio in bagno ma come esperienza è stato un fallimento, la mattina sempre di corsa, la sera, sempre distrutto...

Pagine di copie della commedia “Angeli” in teatro trovarono spazio tra le pieghe a soffietto nel passeggino di Duccio, durante i suoi primi mesi di vita,  nelle nostre passeggiate domenicali, mi divertivo a ripeterle nei modi più svariati, a canzoncina o filastrocca, o in tutte le altre forme con cui si cattura l’attenzione e la curiosità di un bambino...

I primi dubbi sulle mie capacità affiorarono prepotentemente, una volta acquisita la memoria, quando appurai che dopo due battute, sistematicamente si addormentava... ma ho trovato comunque la forza di andare avanti.

In auto nei miei lunghi trasferimenti per lavoro pagine di copie del copione trovano spazio attaccate al cruscotto come un enorme santino con tanto di scritto “ non correre... ma studia”.

La tecnologia mi è stata poi di enorme aiuto evitandomi figure cacine  chi mi tormentavano già nel passato. L’evento del vivavoce in auto mi permette di ripetere frasi e battute senza passare da scemo ogni  semaforo guardato e talvolta  indicato  ad da automobilisti o passanti.

Certo poi che quando si parla di mafia e  tentati omicidi  è bene avere riservatezza  e tatto. Abbassare considerevolmente il volume della voce e alzare i vetri é il primo accorgimento del caso.

Col passare delle settimane si materializzano sulle pagine bianche e pulite le macchie e i segni più strani, grosse lune timbrate da irrispettose tazze di caffè, tracce di sugo,  cancellature e appunti di tutte le forme e colori, promemoria, liste di vestiti, oggetti che credi o pensi ti siano utili, movimenti, idee di qualsiasi tipo o natura orari , giorni della settimana.

Man mano che ti avvicini al debutto l’importanza della presenza del copione accanto a te  diventa sempre più psicologica che non di supporto. Non sai perché ma ritieni inaccettabile lasciarlo a casa da solo, incustodito, lo fai per lui ma è a te che manca...  

Una volta fatta la commedia ed esaurito tutte le sue repliche lo prendo e lo conservo con cura e rispetto, nella stanza dei ricordi e delle cose piacevoli, e quando non di rado rileggo le sue pagine con leggerezza e nostalgia mi rendo conto di rileggere ed riassaporare non tanto la storia di una commedia, di un personaggio, ma la storia di un periodo della mia vita vissuto con passione impegno e vicino a delle persone fantastiche.

 

Grazie a tutti


Tiziano



 

24 maggio 2010

 

Buonanotte. (qualche anno fa)

 

E’ notte quando rientri, la casa dorme. In bagno a prepararti, di corsa in camera del bambino. Può chiamarsi Giovanni, oppure Milena... Lo osservi, nel sonno dell’innocenza, è sudato. Profuma. Giocattoli sparsi in giro... Attento a non pestarli! Entri in camera tua, trattieni il respiro, una luce fioca, un braccio che sfiora terra ed un libro sul petto... Può chiamarsi Antonella, oppure Maurizio... “Come sono andate le prove?” Non hai il tempo di rispondere, dorme. Tu invece, non riesci a prender sonno. Servono pensieri felici per volare, diceva Peter Pan. Anche per dormire. D’un tratto l’attaccapanni prende forma, è un giovane in calzamaglia nera con una camicia dorata ed un grosso colletto di pizzo. “Morire, dormire, forse sognare” decreta. Morire. Non ci pensi quasi mai, ma concludi che se morissi adesso, avresti già vissuto abbastanza. Hai potuto giocare al gioco più bello del mondo, il gioco del teatro, e hai vicino qualcuno che soffre e gioisce con te. Devi dormire! Te lo ha detto anche il più nobile fra i figli del Bardo. Domattina ricomincia la vita vera, il lavoro. “Forse sognare” ripete Amleto. Sognare di uno spettacolo che sarà. Sogni felici, ricchi di una consapevolezza: in mezzo al pubblico, Antonella tremerà per una pausa troppo lunga e Maurizio guarderà la sua dolce Camilla pieno d’orgoglio, con la voglia di gridare a tutti: “Quella è la mia donna, la madre di mia figlia” Altri che appena conosci, madri o padri, fidanzati o mariti, mogli e compagne di attori, di tecnici, uniti da un qualcosa di indescrivibile. Sono loro la vera magia del teatro. Non stanno sul palco né dietro le quinte, ma senza di loro niente potrebbe accadere. Il teatro è un atto d’amore, certo. Ma è preceduto da un amore più grande. L’amore di chi ti aspetta ad ore impossibili, l’amore di chi mette a letto i tuoi figli, l’amore di chi dalla platea trepida insieme a te. A loro dedicherai lo spettacolo, a loro dal profondo dell’essere: grazie, grazie per tutto. E il sonno arriva. Buonanotte a tutti voi.  

L.P. 


22 maggio 2010

 

- “Salve, mi chiamo Samuel Norton”...

 

 

No, non sono “completamente” rincoglionito, è solo la mia “battuta” d’esordio dell’ultima commedia, Hardboiled Hotel,  messa in scena da L’Araba Felice.

Ma chi è Sam Norton? Ex  ragazzo ribelle di provincia di un’America post bellica, un’America fatta di luci ed ombre. Figlio del consumismo che in quegli anni avanza inesorabilmente, e ti spinge a comprare. Comprare casa, tv mobilio ed elettrodomestici. Un’America dove possedere un’automobile é uno status economico e sociale. Il disagio giovanile prende sempre più forma e consistenza, James Dean diventa il simbolo della gioventù sola, squilibrata, incompresa. I giovani si ribellano ai valori piccolo-borghesi dei genitori. Amano le auto dai motori truccati, il jazz e il rock’n’roll e il movimento delle anche di Elvis Presley. La Beat Generation concentra la propria attenzione sull’alienazione giovanile, il mondo della droga e dell’alcool, la totale contrapposizione alle regole della società.

Le donne cominciano a lavorare, Il pastore nero Martin Luther King conduce la protesta non violenta sui diritti dei neri e Rosa Parks resta provocatoriamente  seduta sull’autobus rifiutandosi di cedere il posto ad un bianco. Un’America dove a seguito delle migrazioni nei primi decenni del ‘900 proliferava anche  di criminalità mafiosa, che gestisce prostituzione, droga e tanto altro.

E’ qui che nasce e cresce Sam figlio unico di una coppia di genitori semplici ed onesti, la madre domestica ad ore presso vicini più agiati, il padre operaio che sgobba turno dopo turno  in un calzaturificio alle porte della città. Una città che inevitabilmente cresce in fretta come Sam, anno dopo anno. La linea di confine con il Messico è poco distante e su quel confine transitano quotidianamente i traffici illeciti di un’America malata di arroganza, potere e ricchezza.

Il guadagno facile, il benessere, hanno sempre attratto Sam che al di là delle apparenze ha sempre vissuto ai limiti della legalità incappando suo malgrado nelle maglie della giustizia. I lineamenti dolci, i modi gentili e la facile dialettica fanno da sempre di Sam persona interessante ed uomo affascinante, ma non per questo affidabile, ne sanno qualcosa le ragazzine fresche e ingenue che vedono in lui la rincarnazione dei miti dell’epoca.

La sua vita, ha una svolta e cambia radicalmente, una fresca sera di primavera, quando per caso assiste a uno dei tanti traffici della malavita organizzata. Da quel giorno Sam studia e progetta il colpo della vita che potrebbe  portarlo ad una vita agiata sulle spiagge delle Bahamas  lasciandosi alle spalle come un brutto ricordo le paludi  e il caldo torrido della provincia Americana...

Ma non tutte le ciambelle riescono con il buco...

 

Tiziano

 


05 maggio 2010

 

A MILA

 

Stiamo rimettendo in scena la commedia “La Scelta”.

Le prove stanno andando avanti, le scene via via prendono forma e nei personaggi  incominciano ad affiorare connotati più chiari.

Con loro affiorano anche le prime difficoltà e gli sforzi per superarli non pagano mai sull’immediato.

E’ la prima volta che mi ritrovo ad entrare in corsa e devo dire che le difficoltà non mancano. Mentre tutti riprendono gradualmente  possesso di personaggi e scene già note, io mi ritrovo impantanato in sabbie mobili. Sostituire un “Mostro” come Giovanni non sarà facile, ma nel gruppo nonostante tutto emerge tanto entusiasmo ed energia contagiosi che sicuramente daranno i loro frutti.

 

Dicevo nonostante tutto perchè in questi giorni mancherà Mila, per problemi di salute. Dopo solo una prova di assenza, già tutti ne sentiamo  la mancanza.

Ci mancherà il suo brontolio perpetuo, che tanto ci ricorda un fiume in piena, il suo essere puntigliosa, scena dopo scena, precisa e meticolosa fino allo sfinimento...

Vorrei che adesso da questa nuova “finestra” chiamata Bacheca, dove tutti possono esprimersi,  le arrivasse il nostro più forte in bocca al lupo, con l'augurio di potersi rimettere presto, prendendosi tutto il tempo che le occorre.

Noi saremo sempre lì pronti ad aspettarla, con il sorriso in volto ed il copione in mano.

A presto Mila! 

Tiziano

 


05 maggio 2010

STORIA DI TIZIANO

Era l’alba di un autunno di quasi fine secolo,  i granchi e i detriti del mare  mi tenevano compagnia sulla spiaggia deserta dei Lidi Ravennati. Le commedie della vita, con le loro storie, i loro personaggi, i ruoli di padre, di marito, di lavoratore modello, incominciavano a starmi stretti, e tutto prendeva una piega troppo seria. Tremendamente seria. Niente luci, niente ribalta, niente applausi, e soprattutto mai la possibilità di una replica. E’ lì che nacque forte in me il desiderio sfrontato di smettere di interpretare solo se stessi e incominciare ad immaginare di essere altri, per svago, per scherzo, con gioia e passione. La fortuna o la sfortuna,  a seconda dei punti di vista, volle che un giorno mentre viaggiavo in motorino senza casco venissi notato da un vigile urbano che mi invitò a fermarmi  immediatamente.

Di lì ad essere multato il passo fu breve, ma questa è un’altra storia….

Oramai avevo deciso e disegnato quello che avrebbe dovuto essere il mio futuro, non mi restava che trovare qualche Compagnia, qualche Regista che mi accogliesse tra le sue braccia.

I primi mesi, i primi tentativi, furono duri e scoraggianti, finsi di essere orbo, sordo e anche storpio, ma non trovai mai  nessuno che fosse disposto a darmi una benché minima parte. La fortuna o la sfortuna, a seconda dei punti di vista volle che un giorno, mentre  passeggiavo per un’anonima strada, venissi  notato da un vecchio amico che mi invitò a rendergli  indietro le 5000 lire che mi aveva prestato a suo  tempo.

Di lì ad avere 5000 lire in meno il passo fu breve, ma questa è un’altra storia….

Il tempo passava e il disegno del mio futuro diventava sempre più sbiadito, scolorito. Quella che avrebbe potuto essere una gioia stava inesorabilmente diventando una frustrazione sempre più grande e sempre più spesso diluita  in pessimi rum tracannati  in sudici  bicchieri nei peggiori locali dell’Osmannoro … fino a quando un incontro mi fu fatale …….

"Hei ma lo sai che  Luca il fratello della cugina del vicino della suocera di un vigile urbano che io conosco, ( e che conoscevo anch’io ) scrive e rappresenta testi in una con una compagnia..."

" Cosa?"

"Si insomma fa teatro...!"

Di lì a stabilirmi in pianta stabile… sotto la sua abitazione il passo fu breve …. E questa è tutta la mia  storia …

 

Tiziano